A Verona su iniziativa della diocesi si moltiplicano le esperienze di sostegno per chi ha visto fallire il suo matrimonio
Altro che economia: se confrontata con quella dei matrimoni, la tanto temuta crisi economica può addirittura far sorridere. Probabilmente è proprio il fallimento delle unioni coniugali la vera emergenza sociale italiana: per i numeri – tali da far letteralmente tremare le vene ai polsi – e perché va a toccare le radici profonde del nostro popolo, la persona e la famiglia. Ed anche il rapporto con Dio.
Ma partiamo dai numeri: secondo i dati messi a disposizione dal ministero della Giustizia per il 2009 e pubblicati qualche tempo fa sul Sole 24 Ore, in Italia quasi 300 matrimoni su mille si sciolgono. Ancora più impietose sono le cifre a livello europeo: le ultime rilevazioni di Eurostat dicono che su 2milioni e 400mila matrimoni celebrati nel 2007 nell’Unione Europea, sono state registraste un milione di separazioni, una percentuale quindi vicinissima al 50%. Questi i numeri. E dietro ad ogni numero una situazione esistenziale fatta spesso di dolore, risentimento e rabbia. Anche nei confronti di Dio e della Chiesa, spesso percepita come lontana o, addirittura, “cattiva” perché non consente a chi è separato o divorziato e ha instaurato una nuova unione di accostarsi all’Eucaristia. Da qui, la nascita in Italia di numerose esperienze ecclesiali dedicate specificatamente ai separati/divorziati: per tenere ben fermo il grande “ideale” del matrimonio cristiano, ma allo stesso tempo accogliere chi si trova di fronte al suo fallimento. Un po’ come fece Cristo con la Samaritana.